LE NOVELLE RUSTICANE E LA ROBA
LE NOVELLE RUSTICANE
La raccolta novelle rusticane, pubblicata nel 1883, comprende 12 novelle, tutte già pubblicate su rivista nei due anni precedenti, tra cui la roba, malaria, pane nero, libertà. Nel 1920 verga curò una nuova edizione della raccolta apportando sostanziali modifiche di struttura e di stile. L'ambientazione è la stessa di quella di vita dei campi, cioè la provincia siciliana della seconda metà dell'ottocento, che però nelle novelle rusticane appare meni primitiva, perché i personaggi e le vicende narrate appartengono a una classe sociale ed economica (contadini e piccoli proprietari, non piu braccianti e pescatori) un po' più elevate. Ciò, tuttavia, non comporta un vero miglioramento della loro vita: cambiano le circostanze e le situazioni, ma rimane inalterata la logica di sfruttamento che governa il mondo.
I racconti delle novelle rusticane si concentrano sui temi dell'ingiustizia e dell'impotenza delle azioni degli uomini: i protagonisti, infatti, sono inermi di fronte alla crudeltà delle leggi, alle continue occasioni di sopruso, così come all'inesorabile violenza e cecità della natura, che in un attimo può scatenare e rovinare ogni cosa.
A differenza di Vita dei campi c'è la scomparsa di eroi per lasciare spazio agli eroi titanici (= riscatto che l'uomo ha in sé ), come per esempio Mazzarò ne La Roba. I temi cambiano e ce n'è uno prevalente, la ROBA (= la terra) e la lotta per il suo possesso. Questa corrode i sentimenti e diventa l'unica religione. Le uniche leggi conosciute e rispettate sono quella dell'accumulo, l'economia e il successo economico. È presente anche il conflitto tra classi. Spariscono gli individui d'eccezione come Rosso Malpelo, la Lupa, che davano i titoli alle novelle e nei titoli entrano entità astratte come Libertà, Malaria, Roba. In queste novelle appare più accentuato il conflitto tra Italia del Nord e del Sud, così come appare più importane la lotta tra le classi sociali (La libertà, La Roba). LA LIBERTA' "La libertà" è un titolo amaramente ironico, perché tutta la novella muove da una rivolta per costruire la libertà, mentre questa non viene raggiunta e alla fine della novella dopo diversi anni che i rivoltosi erano in carcere, uno di questi che era uscito disse: " Ma se mi avevano detto che c'era la libertà". Nelle prime sequenze si parla della rivolta di Bronte, storicamente esistita e avvenuta dal 2 al 5 agosto del 1860. Infatti Verga ne descrive i tre giorni come un carnevale avvenuto in luglio. È una rivolta in cui i contadini si rivoltano ai "cappelli"; i contadini ce la fanno, uccidono molte persone. La novella inizia dicendo che il popolo riesce a conquistare Bronte e le terre in cui erano costretti a lavorare. Quando arrivano a spartirsi le terre, però, non riescono a farlo perché hanno ucciso il geometra, il notaio, il prete che suonasse le campane la domenica e così non sono capaci di gestire la situazione. Verga accenna anche ad un avvocato che partecipa alla rivolta. Nella realtà è la storia di due fratelli: Niccolò Lombardo e suo fratello che furono alla guida della rivolta, ma questa degenerò e sfuggì alle loro mani. Verga ci vuole dimostrare quella che è la sua ideologia che trova in un episodio storico la sua concreta dimostrazione. I contadini ce la fanno ad ottenere la libertà, ma non sono in grado di gestirla perché non si sfugge dalla propria classe sociale. Due giorni dopo "arriva un luogotenente", il tenente di Garibaldi, Bixio che riporta l'ordine a Bronte. Un problema storiografico che ci si pone dalla lettura è: ma perché i contadini si ribellano proprio mentre arriva Garibaldi, e perché lui manda Bixio a portare l'ordine? I contadini sperano che Garibaldi li appoggi e dia loro le terre e l'uguaglianza. Per Garibaldi questa rivolta è un intoppo perché lui pensava solo all'unità d'Italia. Per Manzoni gli umili sono coloro che si affidano alla Provvidenza e grazie a questa troveranno un riscatto. Nell'assalto al forno delle crucce vediamo personaggi del popolo che si ribellano. Per Manzoni i rivoltosi sono coloro che non agiscono rettamente e portano avanti la violenza, e Manzoni rifugge da ogni violenza perché secondo lui l'uguaglianza sociale si raggiunge solo attraverso la concordia tra le classi sociali. Verga afferma che è inutile che si si ribellino perché oltre alla violenza, non riusciranno mai a progredire socialmente e quando progrediscono hanno un destino più tragico. Manzoni affidava alla borghesia il fatto di far progredire la società. È un intellettuale organico alla borghesia che crede nel suo ruolo e che riuscirà a portare cambiamenti positivi. Verga non è organico a nessuna classe sociale, è un proletario che agisce solo per la propria classe di appartenenza.
La roba
Un viandante, che andava lungo il biviere di Lentini, per ingannare la noia del viaggio chiese ad un uomo: "Di chi è qui?", "Di Mazzarò!".
Proseguendo per quella strada vide una fattoria con depositi grandi come chiese, uliveti dove il raccolto dura fino a marzo e poi vigneti, aratri, mandrie: tutta roba di Mazzarò. Pareva che Mazzarò fosse il padrone di tutto il mondo. Mazzarò era un uomo molto piccolo che di grosso aveva solo la pancia, era ricchissimo ma mangiava solo due soldi di pane al giorno; l’unico suo vanto era un cappello di seta nera. Non aveva vizi: non beveva, non fumava, non amava le donne, non amava il giuoco delle carte.
Si ricordava del periodo in cui lavorava anche lui nei campi per quattordici ore al giorno, sempre sorvegliato da un uomo a cavallo pronto a frustarlo. Nei suoi uliveti non si contavano le donne che raccoglievano le olive e nelle sue vigne, ogni volta che si vendemmiava, c’erano gli uomini di tutti i villaggi dei dintorni. I mietitori dovevano essere mantenuti per tutta la giornata quindi Mazzarò li controllava molto severamente. Quando Mazzarò lavorava nei campi si sapeva sempre il giorno e l’ora dell’arrivo del padrone così nessuno poteva essere sorpreso ma egli, arrivava sempre nei suoi campi all’improvviso; a piedi o a cavallo della mula. Mazzarò si impossessò in breve tempo di tutti i possedimenti del barone, l’uomo per cui lavorava. Di una sola cosa si dispiaceva Mazzarò: ormai stava diventando vecchio e la terra la doveva lasciare li dov’era. Quando gli venne detto di abbandonare la sua roba egli uscì di casa e, ammazzando con un bastone tutti i suoi tacchini, gridò: "Roba mia, vientene con me!"
La raccolta novelle rusticane, pubblicata nel 1883, comprende 12 novelle, tutte già pubblicate su rivista nei due anni precedenti, tra cui la roba, malaria, pane nero, libertà. Nel 1920 verga curò una nuova edizione della raccolta apportando sostanziali modifiche di struttura e di stile. L'ambientazione è la stessa di quella di vita dei campi, cioè la provincia siciliana della seconda metà dell'ottocento, che però nelle novelle rusticane appare meni primitiva, perché i personaggi e le vicende narrate appartengono a una classe sociale ed economica (contadini e piccoli proprietari, non piu braccianti e pescatori) un po' più elevate. Ciò, tuttavia, non comporta un vero miglioramento della loro vita: cambiano le circostanze e le situazioni, ma rimane inalterata la logica di sfruttamento che governa il mondo.
I racconti delle novelle rusticane si concentrano sui temi dell'ingiustizia e dell'impotenza delle azioni degli uomini: i protagonisti, infatti, sono inermi di fronte alla crudeltà delle leggi, alle continue occasioni di sopruso, così come all'inesorabile violenza e cecità della natura, che in un attimo può scatenare e rovinare ogni cosa.
A differenza di Vita dei campi c'è la scomparsa di eroi per lasciare spazio agli eroi titanici (= riscatto che l'uomo ha in sé ), come per esempio Mazzarò ne La Roba. I temi cambiano e ce n'è uno prevalente, la ROBA (= la terra) e la lotta per il suo possesso. Questa corrode i sentimenti e diventa l'unica religione. Le uniche leggi conosciute e rispettate sono quella dell'accumulo, l'economia e il successo economico. È presente anche il conflitto tra classi. Spariscono gli individui d'eccezione come Rosso Malpelo, la Lupa, che davano i titoli alle novelle e nei titoli entrano entità astratte come Libertà, Malaria, Roba. In queste novelle appare più accentuato il conflitto tra Italia del Nord e del Sud, così come appare più importane la lotta tra le classi sociali (La libertà, La Roba). LA LIBERTA' "La libertà" è un titolo amaramente ironico, perché tutta la novella muove da una rivolta per costruire la libertà, mentre questa non viene raggiunta e alla fine della novella dopo diversi anni che i rivoltosi erano in carcere, uno di questi che era uscito disse: " Ma se mi avevano detto che c'era la libertà". Nelle prime sequenze si parla della rivolta di Bronte, storicamente esistita e avvenuta dal 2 al 5 agosto del 1860. Infatti Verga ne descrive i tre giorni come un carnevale avvenuto in luglio. È una rivolta in cui i contadini si rivoltano ai "cappelli"; i contadini ce la fanno, uccidono molte persone. La novella inizia dicendo che il popolo riesce a conquistare Bronte e le terre in cui erano costretti a lavorare. Quando arrivano a spartirsi le terre, però, non riescono a farlo perché hanno ucciso il geometra, il notaio, il prete che suonasse le campane la domenica e così non sono capaci di gestire la situazione. Verga accenna anche ad un avvocato che partecipa alla rivolta. Nella realtà è la storia di due fratelli: Niccolò Lombardo e suo fratello che furono alla guida della rivolta, ma questa degenerò e sfuggì alle loro mani. Verga ci vuole dimostrare quella che è la sua ideologia che trova in un episodio storico la sua concreta dimostrazione. I contadini ce la fanno ad ottenere la libertà, ma non sono in grado di gestirla perché non si sfugge dalla propria classe sociale. Due giorni dopo "arriva un luogotenente", il tenente di Garibaldi, Bixio che riporta l'ordine a Bronte. Un problema storiografico che ci si pone dalla lettura è: ma perché i contadini si ribellano proprio mentre arriva Garibaldi, e perché lui manda Bixio a portare l'ordine? I contadini sperano che Garibaldi li appoggi e dia loro le terre e l'uguaglianza. Per Garibaldi questa rivolta è un intoppo perché lui pensava solo all'unità d'Italia. Per Manzoni gli umili sono coloro che si affidano alla Provvidenza e grazie a questa troveranno un riscatto. Nell'assalto al forno delle crucce vediamo personaggi del popolo che si ribellano. Per Manzoni i rivoltosi sono coloro che non agiscono rettamente e portano avanti la violenza, e Manzoni rifugge da ogni violenza perché secondo lui l'uguaglianza sociale si raggiunge solo attraverso la concordia tra le classi sociali. Verga afferma che è inutile che si si ribellino perché oltre alla violenza, non riusciranno mai a progredire socialmente e quando progrediscono hanno un destino più tragico. Manzoni affidava alla borghesia il fatto di far progredire la società. È un intellettuale organico alla borghesia che crede nel suo ruolo e che riuscirà a portare cambiamenti positivi. Verga non è organico a nessuna classe sociale, è un proletario che agisce solo per la propria classe di appartenenza.
La roba
Un viandante, che andava lungo il biviere di Lentini, per ingannare la noia del viaggio chiese ad un uomo: "Di chi è qui?", "Di Mazzarò!".
Proseguendo per quella strada vide una fattoria con depositi grandi come chiese, uliveti dove il raccolto dura fino a marzo e poi vigneti, aratri, mandrie: tutta roba di Mazzarò. Pareva che Mazzarò fosse il padrone di tutto il mondo. Mazzarò era un uomo molto piccolo che di grosso aveva solo la pancia, era ricchissimo ma mangiava solo due soldi di pane al giorno; l’unico suo vanto era un cappello di seta nera. Non aveva vizi: non beveva, non fumava, non amava le donne, non amava il giuoco delle carte.
Si ricordava del periodo in cui lavorava anche lui nei campi per quattordici ore al giorno, sempre sorvegliato da un uomo a cavallo pronto a frustarlo. Nei suoi uliveti non si contavano le donne che raccoglievano le olive e nelle sue vigne, ogni volta che si vendemmiava, c’erano gli uomini di tutti i villaggi dei dintorni. I mietitori dovevano essere mantenuti per tutta la giornata quindi Mazzarò li controllava molto severamente. Quando Mazzarò lavorava nei campi si sapeva sempre il giorno e l’ora dell’arrivo del padrone così nessuno poteva essere sorpreso ma egli, arrivava sempre nei suoi campi all’improvviso; a piedi o a cavallo della mula. Mazzarò si impossessò in breve tempo di tutti i possedimenti del barone, l’uomo per cui lavorava. Di una sola cosa si dispiaceva Mazzarò: ormai stava diventando vecchio e la terra la doveva lasciare li dov’era. Quando gli venne detto di abbandonare la sua roba egli uscì di casa e, ammazzando con un bastone tutti i suoi tacchini, gridò: "Roba mia, vientene con me!"