MASTRO DON GESUALDO
LA GENESI
L’elaborazione del romanzo fu lunga e complessa: la prima stesura si concluse nel 1884 e una prima redazione apparve a puntate sulla “ Nuova Antologia “ nel 1888, mentre quella definitiva, notevolmente modificata nella lingua e nella struttura, fu pubblicata in volume a Milano nel novembre 1889.
Gesualdo Motta è un “mastro” ossia un manovale, che con enormi sacrifici diventa un proprietario terriero e conquista il titolo di “don” riservato ai notabili. L'unione dei due prefissi Mastro – Don allude al fatto che il protagonista non è riuscito a far dimenticare le sue origini plebee e indipendente mentre dal successo economico, resta un “vinto”, destinato all'infelicità.
romanzo fu stampato a puntate sulla rivista “nuova antologia”. L'arco temporale è di circa 30 anni tra lo scoppio delle prime insurrezioni antiborboniche e la rivoluzione del 1848.
L'opera illustra i meccanismi socioeconomici su cui nasce e comincia a svilupparsi la società moderna. La struttura non è compatta e corale come quella dei Malavoglia, ma suddivisa in quadri distinti, che seguono le fasi decisive della vita del protagonista.
Fabula e intreccio non coincidono: quando inizia la narrazione, Gesualdo ha raggiunto un'individuale posizione economica come imprenditore; con i flashback recupera gli antefatti delle sue umili origini e il suo attaccamento alla “roba”.
LO SPAZIO E IL TEMPO
Il romanzo ha un’ambientazione diversa da quella dei Malavoglia rispetto allo spazio e al tempo. Le vicende si svolgono non solo a Vizzini (non un umile paesino di pescatori, ma un borgo agricolo di medie dimensioni non troppo distante dalla città di Catania), ma anche a Mangalavite, un podere in cui il protagonista si trasferisce per evitare il contagio del colera e a Palermo, dove Gesualdo muore. Pur mancando rimandi cronologici precisi, è possibile datare le vicende del romanzo lungo un arco di una cinquantina d’anni tra l’inizio e la metà dell’ Ottocento; vi sono infatti alcuni accenni a vicende politiche come la rivolta palermitana e la Costituzione di Francesco Duca di Calabria nel 1812 nell’Italia Meridionale o i moti rivoluzionari del 1820 e del 1848.
LE CARATTERISTICHE DEL ROMANZO
Questo romanzo può essere definito come:
· romanzo della “morale eroica” dell’individualismo, perché il protagonista è pronto a dare <<l’anima al diavolo>>, pur di arricchirsi, di procurarsi e accumulare “roba”; arriva perfino a escludersi dalla vita, ad appartarsi, a rinunciare agli affetti per la ricchezza, sforzandosi di convincersi che i sacrifici sono il prezzo da pagare per diventare diversi da <<un povero diavolo senza nulla>>;
· romanzo dell’”eroe della modernità”, perché Gesualdo rappresenta l’uomo dinamico e intraprendente che si costruisce da sé il suo destino;
· romanzo della “sconfitta esistenziale”, perché il mito della >>roba>> porta Gesualdo a una totale sconfitta umana: egli muore consapevole di essere odiato da tutti, dai nobili, dai borghesi, dai popolani e anche dai propri familiari. Con la vicenda dell’umile <<mastro>>, che si è arricchito ed è diventato <<don>>, cioè un proprietario terriero invidiato e temuto, ma sconfitto negli affetti, Verga ribadisce il fallimento di ogni tentativo di riscatto sociale.
LE TECNICHE NARRATIVE:
L’autore adotta tecniche narrative diverse rispetto ai Malavoglia:
· Il canone dell’IMPERSONALITA’, che vale in tutte le opere di Verga, viene talvolta tralasciato in Mastro-don Gesualdo, perciò non sempre si manifesta l’ECLISSI DELL’AUTORE; questo accade quando l’autore, sentendosi in qualche modo vicino al NARRATORE, non rinuncia a commentare e giudicare le vicende del racconto;
· L’artificio dello STRANIAMENTO e quello della REGRESSIONE scompaiono perché il narratore non deve più adattarsi al livello sociale “basso” dei Malavoglia. Nel Mastro-don Gesualdo, in conformità con l’ambiente borghese-aristocratico che fa da sfondo alla vicenda, il narratore coincide talvolta con l’autore con Verga;
· Viene meno anche la “coralità”che caratterizza I Malavoglia, dove il DISCORSO DIRETTO o quello INDIRETTO LIBERO danno voce ai personaggi di un’intera comunità; nel Mastro-don Gesualdo il DISCORSO INDIRETTO LIBERO mette in rilievo piuttosto il punto di vista di don Gesualdo o degli altri singoli personaggi, presi nella loro individualità; la medesima finalità è raggiunta grazie all’ampio ricorso ai DIALOGHI incalzanti, attraverso i quali i personaggi si affrontano spesso con aggressività.
La narrazione è prevalentemente “alta” in un linguaggio essenziale dai tratti talora lirici che tradiscono la mano del poeta.
L’elaborazione del romanzo fu lunga e complessa: la prima stesura si concluse nel 1884 e una prima redazione apparve a puntate sulla “ Nuova Antologia “ nel 1888, mentre quella definitiva, notevolmente modificata nella lingua e nella struttura, fu pubblicata in volume a Milano nel novembre 1889.
Gesualdo Motta è un “mastro” ossia un manovale, che con enormi sacrifici diventa un proprietario terriero e conquista il titolo di “don” riservato ai notabili. L'unione dei due prefissi Mastro – Don allude al fatto che il protagonista non è riuscito a far dimenticare le sue origini plebee e indipendente mentre dal successo economico, resta un “vinto”, destinato all'infelicità.
romanzo fu stampato a puntate sulla rivista “nuova antologia”. L'arco temporale è di circa 30 anni tra lo scoppio delle prime insurrezioni antiborboniche e la rivoluzione del 1848.
L'opera illustra i meccanismi socioeconomici su cui nasce e comincia a svilupparsi la società moderna. La struttura non è compatta e corale come quella dei Malavoglia, ma suddivisa in quadri distinti, che seguono le fasi decisive della vita del protagonista.
Fabula e intreccio non coincidono: quando inizia la narrazione, Gesualdo ha raggiunto un'individuale posizione economica come imprenditore; con i flashback recupera gli antefatti delle sue umili origini e il suo attaccamento alla “roba”.
LO SPAZIO E IL TEMPO
Il romanzo ha un’ambientazione diversa da quella dei Malavoglia rispetto allo spazio e al tempo. Le vicende si svolgono non solo a Vizzini (non un umile paesino di pescatori, ma un borgo agricolo di medie dimensioni non troppo distante dalla città di Catania), ma anche a Mangalavite, un podere in cui il protagonista si trasferisce per evitare il contagio del colera e a Palermo, dove Gesualdo muore. Pur mancando rimandi cronologici precisi, è possibile datare le vicende del romanzo lungo un arco di una cinquantina d’anni tra l’inizio e la metà dell’ Ottocento; vi sono infatti alcuni accenni a vicende politiche come la rivolta palermitana e la Costituzione di Francesco Duca di Calabria nel 1812 nell’Italia Meridionale o i moti rivoluzionari del 1820 e del 1848.
LE CARATTERISTICHE DEL ROMANZO
Questo romanzo può essere definito come:
· romanzo della “morale eroica” dell’individualismo, perché il protagonista è pronto a dare <<l’anima al diavolo>>, pur di arricchirsi, di procurarsi e accumulare “roba”; arriva perfino a escludersi dalla vita, ad appartarsi, a rinunciare agli affetti per la ricchezza, sforzandosi di convincersi che i sacrifici sono il prezzo da pagare per diventare diversi da <<un povero diavolo senza nulla>>;
· romanzo dell’”eroe della modernità”, perché Gesualdo rappresenta l’uomo dinamico e intraprendente che si costruisce da sé il suo destino;
· romanzo della “sconfitta esistenziale”, perché il mito della >>roba>> porta Gesualdo a una totale sconfitta umana: egli muore consapevole di essere odiato da tutti, dai nobili, dai borghesi, dai popolani e anche dai propri familiari. Con la vicenda dell’umile <<mastro>>, che si è arricchito ed è diventato <<don>>, cioè un proprietario terriero invidiato e temuto, ma sconfitto negli affetti, Verga ribadisce il fallimento di ogni tentativo di riscatto sociale.
LE TECNICHE NARRATIVE:
L’autore adotta tecniche narrative diverse rispetto ai Malavoglia:
· Il canone dell’IMPERSONALITA’, che vale in tutte le opere di Verga, viene talvolta tralasciato in Mastro-don Gesualdo, perciò non sempre si manifesta l’ECLISSI DELL’AUTORE; questo accade quando l’autore, sentendosi in qualche modo vicino al NARRATORE, non rinuncia a commentare e giudicare le vicende del racconto;
· L’artificio dello STRANIAMENTO e quello della REGRESSIONE scompaiono perché il narratore non deve più adattarsi al livello sociale “basso” dei Malavoglia. Nel Mastro-don Gesualdo, in conformità con l’ambiente borghese-aristocratico che fa da sfondo alla vicenda, il narratore coincide talvolta con l’autore con Verga;
· Viene meno anche la “coralità”che caratterizza I Malavoglia, dove il DISCORSO DIRETTO o quello INDIRETTO LIBERO danno voce ai personaggi di un’intera comunità; nel Mastro-don Gesualdo il DISCORSO INDIRETTO LIBERO mette in rilievo piuttosto il punto di vista di don Gesualdo o degli altri singoli personaggi, presi nella loro individualità; la medesima finalità è raggiunta grazie all’ampio ricorso ai DIALOGHI incalzanti, attraverso i quali i personaggi si affrontano spesso con aggressività.
La narrazione è prevalentemente “alta” in un linguaggio essenziale dai tratti talora lirici che tradiscono la mano del poeta.